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Piccola storia di Jaci – Pastori di cartapesta nel Presepio di Acireale, 1951

 

 

Il Presepe settecentesco, opera d’arte delicata che necessita di continua cura e manutenzione. Qui di seguito uno dei tanti “gridi di allarme” scritti dalla penna del dott. Alfio Fichera nel lontano gennaio del 1951. Dalle sue parole si capisce che il presepe e i suoi pastori sono minacciati dalla rovina. Anche oggi a distanza di tanti anni sembra non essere cambiato nulla, confidiamo , almeno chi crede, nell’ennesimo miracolo del Bambinello, ovvero di tenere in vita la scena settecentesca della sua divina nascita.

Se nella caratteristica “Grotta” che si apre difronte alla distesa azzurra , sul ciglione dell’altipiano, quest’anno è stato possibile far rivivere il rito mistico del Presepio con i “Pastori” di grandezza naturale adoranti il Bambino, lo si deve alla tenace volontà del parroco e dei suoi intimi collaboratori e allo aiuto dell’Ente di Cura che ha contribuito con un sussidio immediato. L’antico glorioso Presepio che ha costituito una caratteristica tanto ammirata della nostra città, è ridotto agli estremi e se non sarà posto riparo ai danni che  il tempo e gli uomini hanno arrecato rimarrà di esso un ricordo melanconico. Le teste dei “Pastori”, opere pregevolissime di un artista romano non esistono quasi più. erano teste di cera alle quali il tempo aveva dato un pallore quasi vivente, modellate con squisita sensibilità dall’autore e che avevano evidentissima impronta ritrattistica, riproducendo tipi caratteristici della nostra terra. Sono andate, nella maggioranza, in frantumi, e le poche superstiti sono guaste e rotte e hanno bisogno di restauri razionali. Non diciamo di barbe, barbette e capelli a residui informi, sicchè le gote sono spelacchiate e le teste adorne di pochi peli stopposi. Virtuosismi delicati sono stati necessari per rendere meno appariscente tanta rovina e presentare alla folla ininterrotta di visitatori i superstiti di una schiera eletta. Sono state sostituite le teste di cera con altre di carta pesta di nessun pregio, roba da dozzina, dure e inespressive, cose morte di fronte alla vivacità dell’opera d’arte, quali erano quelli di cera. Le mani, le delicate ceree mani, affusolate per le figure femminile, nodose e rinsecchite quelle dei maschi, mani forti e robuste quelle dei giovani, grassotelle e e piene le mani dei bambini, sono quasi tutte rotte e a pezzi. I vestiti del tempo in cui fu costruito il magnifico presepio sono stati polverizzati dal tempo e dalle vicende e sono stati sostituiti con stoffette di poco costo, e non è più in vita, purtroppo, Don Giovanitto, l’ultimo artigiano che lavorava la cera e aveva le forme di quasi tutte le teste del presepio, essendo l’incaricato della manutenzione e dell’addobbo. Pare che Don Giovannitto aveva lasciato a una nipote il segreto dell’arte sua, nipote la quale, or sono alcuni anni, restauro parecchi volti. Ma dov’e’  oggi la nipote di Don Giovannitto? Fra tanta rovina è intervenuto l’Ente di Cura che ha dato i mezzi per i bisogni più urgenti e ha preso impegno di far risorgere il magnifico presepio. Si tratta di trovare artigiani capaci di fare i restauri, e speriamo che sia facile trovarli, e un arista valente per far modellare le teste. Per quest’ultimo non nutriamo timori, poichè ne esiste uno, ed è amico della nostra città e delle opere d’arte che costituiscono il suo miglior ornamento. Per vestire i “Pastori”  non resta che fare appello al buon cuore delle antiche famiglie acesi. Facciano rivivere esse una antichissima usanza, quella di regalare alle chiese le vesti delle spose per farne ornamenti. Non disturbiamo le spose moderne che vanno all’altare biancovestite, ma preghiamole invece di trarre fuori dagli armadi e dalle cassepanche le vesti della nonna o della vecchia mamma, le vesti d’antico broccato o di velluto o di raso, le ampie vesti dell’ava da trasformare in abiti per i “Pastori” della “Grotta”.

Dott. Alfio Fichera nella “Sicilia” del 07 gennaio 1951

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