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venerdì, Maggio 3, 2024
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Spazio e comportamenti sociali: un connubio indissolubile

FullSizeRenderIl tema dell’ interazione spazio-comportamento umano è stato, per alcune discipline, al centro di molti dibattiti fin dagli inizi del Novecento.
Si è pensato infatti che gli architetti influenzassero il comportamento attraverso la forma degli spazi e che il valore attribuito ad essi si stato e lo è tutt’ora condizionato da fattori culturali, psicologici legati al singolo individuo.
Da questa indagine, dunque, ne scaturisce che il nostro modo di essere non dipende solo da “chi siamo” ma, altrettanto, dal “dove siamo”.
La Psicogeografia, ad esempio, indaga sull’ influenza dello spazio architettonico–geografico sulla percezione e il comportamento degli esseri umani, la Psicologia Ambientale, analizza invece come l’ambiente influenza la nostra mente e, all’inverso, come l’uomo, con il suo comportamento, è portato inconsciamente a modificare lo spazio.
IMG_1450Da queste discipline sono scaturiti specifici gruppi di ricerca e scuole di pensiero: quella di Chicago che, a partire dagli anni Cinquanta, ha intrapreso studi sistematici sulla città e sui cambiamenti indotti sull’atteggiamento dei propri cittadini; gli studi di Newman su come, determinati spazi urbani, favoriscano devianze quali la criminalità per cui, un’attenta progettazione, può incidere positivamente sulla riduzione del senso di insicurezza e vulnerabilità.
Non bisogna dimenticare il contributo prezioso e di elevato valore dato da Kevin Lynch e dal suo gruppo di ricerca impegnatosi, in un contesto sociale particolare come quello degli USA degli anni Sessanta segnata dalle battaglie per l’integrazione di tutte le componenti razziali, a far comprendere alla società l’importanza dei luoghi in cui vive, farla partecipare attivamente alle trasformazioni e al governo degli stessi attraverso l’elaborazione di un linguaggio comune e universalmente comprensibile.
È chiaro quindi come la figura dell’ architetto abbia un ruolo importante nel contesto sociale: il suo compito è dare un contributo spaziale all’attuale “stato di depressione”, insoddisfazione, malessere, sfiducia della società.
Allora, la forma non diventa il fine ultimo del suo progetto, è lo spazio sociale a cui deve mirare.
L’ architetto deve scandagliare le modalità secondo le quali gli spazi pensati verranno fruiti dai cittadini.
In questo arduo compito deve cercare di non produrre spazi anonimi nei quali gli uomini diventano occasionali, perdendo così quel senso di comunità inteso, secondo la definizione di Bauman, come “luogo sicuro ed accogliente”.
Sarà il cittadino ad essere il fulcro di questo processo tecnico intellettuale mirato ad interpretare e risolvere i temi sociali, spaziali ed ambientali adottando criteri di sostenibilità, così che il progetto possa rispondere non solo ad una ricercata qualità architettonica e ambientale,ma anche ad una sostenibilità sociale, intesa come creazione di spazi della comunicazione, dell’integrazione, di relazione, contenitore di valori, espressione di cultura, testimonianza di impegno intellettuale e civile da parte dei progettisti.
Poiché appare evidente che la forma di uno spazio è in grado di influenzare i comportamenti sociali, economici e morali delle persone, sarebbe opportuno a tal proposito optare per una politica urbana che sia condivisa, leggibile, individuabile da parte dei cittadini ed in grado di ovviare ai grandi problemi di percezione delle nostre aree metropolitane dettati, in particolar modo, dalla crescente dimensione e dalla velocità con cui le stesse vengono attraversate.
Creare unità spaziali di tale tipo, cioè in grado di rispondere non semplicemente ad esigenze di forma ma attente ai comportamenti verso i quali tale forma si rivolge, comporta che la configurazione sarà tutt’altro che inerte: oltre che ospitare azioni, sarà in grado di suggerirle e stimolarle, rafforzando l’interazione uomo–ambiente. In questo modo una conformazione forte, riconoscibile ed aperta ai fruitori, assumerà differenti identità secondo usi, interpretazioni e reazioni polivalenti, proprie dei variegati e complessi comportamenti umani, non completamente prevedibili da un disegno architettonico imposto.

Cristina Patanè
(fonte: architetturaecosostenibile)

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