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mercoledì, Maggio 1, 2024
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Come guardiamo l’architettura?

IMG_1436L’ architettura è di tutti e per tutti.

Con attuale riferimento all’ ultimo “Reportage dal fronte”, l’architettura oggi, più di prima, rivela un forte ruolo sociale al fine di attirare l’ attenzione su progetti che migliorano la qualità dell’ambiente urbano.

L’ architettura, come anche i progetti satellite di arte e design, creano una relazione tra l’individuo e la città.
Ma, soffermiamoci sull’ architettura: è caratterizzata da volumi, vuoti, materiali, luci, ombre e da un infinito corollario di dettagli che creano un microcosmo visivo.
Tutti questi elementi colpiscono più o meno la nostra sensibilità in modi differenti, allora è lecito,ma non scontato, chiedersi in che modo percepiamo l’ architettura? Cosa salta subito alla nostra vista quando e se guardiamo un’ opera architettonica?
Se guardiamo un edificio architettonico veniamo catapultati in un vortice emozionale e sensoriale molto vasto, ma quante volte ci siamo chiesti se siamo osservatori attenti o distratti?
Come guardiamo l’ architettura e ciò che la circonda?
Ci sono persone che camminano con la testa all’insù guardando gli interstizi di cielo e osservano gli edifici nella loro totalità; sono attratti da tutto ciò che è posto ad un livello sopra il proprio.
Altre invece, apprezzano tutto ciò che stimola il loro tatto, per questo sono circondati da un universo ad altezza uomo e tutto ciò che ne sta al di sopra o al di sotto gli appare insignificante.
Ci sono poi i Le corbusieriani, amanti dei volumi e dei rapporti proporzionali, incuranti del particolare, del dettaglio dell’infisso o della superficie del materiale.
Per questi infatti, l’architettura si fonda sui volumi puri, sui pieni e sui vuoti, non vedono altro che non abbia una forma cubica, parallelepipedi, sfere, a loro interessano le relazioni tra le forme e come gli edifici si inseriscono nel contesto.
E poi, ancora, ci sono i seguaci di Wright, coloro i quali vedono nella diversità dei materiali il fondamento e fine dell’ architettura: ne osservano la qualità, gli accostamenti cromatici e la tecnologia adottata per la posa in opera.
Non mancano i funzionali, ovvero gli osservatori di tutti gli aspetti tecnologici per i quali la forma ha una IMG_1437valenza minore,tanto i loro occhi hanno già catturano le risposte date dal progettista alle necessità funzionali e così, fin dal primo momento, hanno già un quadro completo di tutte le tecnologie utilizzate nell’edificio e di tutti i punti ancora irrisolti.
I fantastici Venturiani sono quelli che si lasciano inebriare dalle insegne, luci, vetrine e prodotti.
Sono attratti da tutta una moltitudine di messaggi che bombardano quotidianamente la nostra vista. Per loro si fa costantemente riferimento alla manifestata esigenza di un’architettura sempre più simbolica e comunicativa, come un insieme di segni dove “la comunicazione domina gli spazi intesi come l’elemento principale della conformazione architettonica ed ambientale”.
Non possiamo poi dimenticarci dei nostalgici, degli amanti di tutto ciò che suscita in loro un ricordo, ed ecco che il loro occhio si sofferma su quei particolari che rimandano nella loro mente alla storia dell’architettura oppure ai luoghi della loro memoria, sono attratti da fessure, una macchia sull’intonaco, una persiana cadente, vedono colori, forme e materiali che vivono ancora nel passato.
C’è infine una folta schiera di osservatori, gli indifferenti: loro non osservano o se lo fanno è un atto inconscio, non si pongono delle domande, camminano nella città senza essere consapevoli di essere in un luogo, potrebbero essere altrove e non noterebbero alcun cambiamento. Intonaco o muratura a vista, rivestimenti a cappotto, persiane o facciate completamente vetrate, un edificio storico o una palazzina popolare di periferia per loro non fanno alcuna differenza, “ci sono delle case, dei palazzi” rispondono così nel caso debbano descrivere un luogo.
Questo tipo di passeggiatori non sono osservatori, loro non riescono a vedere ed ovviamente questo non è un spunto di riflessione rivolto a loro.

Cristina Patanè

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