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Ivan Castrogiovanni 1970: BAUER SOUL (Anima Boera)

boers

BAUER  SOUL

La storia del mondo che conosci l’hanno fatta i tipi vagolanti sulla crosta orientale e su quella occidentale.

Tra di loro c’erano pure uomini di eccezione impostisi su certi cavalli presi in prestito o accordatisi nottetempo con ragazzi abili spiumatori di fagiani per comparire l’indomani grevi di grottesche aureole.

Oggi studii con fervore in classi strabocchevoli di teste coeve alla tua quei suggestivi espedienti per convincerti che se ti si para dinanzi un tipo e ti grida l’einstand (traduz.:”buuuu!”) devi prontamente prostrarti e battendo la fronte al suolo azionare il push-botton dell’assuefazione meccanica alle esigenze anche le più sporcaccione dell’eccezionale tipo che s’è deciso a farti l’einstand. Ma arràmpicati su una collina e se non ce l’hai a portata di casa chiudi gli occhi e nella lontananza caleidoscopica dello spazio e del tempo devi necessariamente ricordare che c’erano tanti bravi elefanti a cui furono tolte di controforzo le zanne per farne tante statuette poi vilipese, tanto valeva la pena lasciargliele! E i pesci rossi costretti a farsi fissare negli occhi attraverso le pareti di vetro delle vaschette, loro che non sopportano di essere fissati a lungo? E i cobra storditi nelle ceste dei fachiri? E le tigri incazzate dai safari?

Ricordati dei tagliapietre impegnati nella squadratura dei massi per le piramidi, degl’indigeni muti e sensibilissimi respinti dai bull-dozers pilotati da ciechi e ferrigni coloni. Ricordati della crozza dell’homo di Cro-magnon ignara ma molto espressiva nel cavo sbigottimento stampato da millenni.

I veri anarchici sono morti tutti in silenzio!

I Boeri olandesi “agricoltori” “colonizzatori”, ricchi e pignoli, viaggiatori quand’era il caso, invasero vestiti di stoffe e di cuoio con le cartucciere e le lunghe barbe rossicce il Transvaal verso la metà dell’Ottocento continuando con la loro penetrazione un programma di insediamenti in Sud-Africa che l’Olanda aveva intrapreso fin dal secolo XVII.

Infatti grazie alla Compagnia per le Indie Orientali gran numero di coloni fu sbarcato intorno al 1640 presso il Capo di Buona Speranza, e nel 1652 si costituì la colonia del Capo, importante scalo per l’estremo Oriente. I nuovi arrivati costruirono le bianche residenze dei governanti e i lindi appartamenti curati dalle mogli fedeli e occhialute, alte con le lunghe vesti e le dure trecce.

Fiutarono le rocce e le picchierellarono estraendo diamanti grossi come noci. L’oro era presente in abbondanza in tutto il territorio. Le coppie di giovani Boeri incidevano nel tardo pomeriggio sulle piante grasse sulle lunghe foglie della foresta i loro nomi racchiusi nei cuori trafitti. A notte centinaia d’indigeni giravano angosciati negli spiazzi attorno alle case, palpavano al chiaro di luna le assi bianche accatastate, con le dita terrose sporcavano la linda biancheria dei Boeri stesa al vento fresco notturno.

Essi vedevano sorgere di giorno in giorno tra la cupa foresta i cubi bianchi delle casette coi lucidi vetri alle finestre. Possibilmente il giorno dopo non trovavano più il vecchio baobab, sradicato velocemente da squadre di giovani Boeri, e al suo posto magari trovavano l’enorme buca lasciata dalle radici e vi si affacciavano fiutandone lo spirituale odore del fondo scuro. A volte i bimbi Boeri guardavano a lungo con gli occhi sgranati i negri con gli scudi ovali e le lance, sorvegliati a distanza dai massicci papà Boeri soffocati di cartucce e con le scuri in mano.

Bonariamente gl’indigeni venivano spinti fuori dagli orticelli circostanti le case dove erano penetrati con una sorta di curiosa angoscia e allo steccato venivano premiati con marmellata e pesce fritto che mangiavano con gli occhi sbarrati avidamente. I negri si accovacciavano ormai vicino alle grandi cascate, troppo grandi per essere distrutte, troppo divine, e lì passavano le notti aspirando il profumo dei fiori ciclamino e suonando il tam-tam, istupiditi. A volte rintronava nella foresta un colpo di fucile sparato dai Boeri per far cessare quel suono noioso, ed essi, infatti, smettevano tendendo l’orecchio tra i massi imbiancati dalla luna.

Quando in Europa si seppe delle grandi ricchezze del Sud-Africa, l’Inghilterra inviò masse di avidi colonnelli tra cui un certo Baden-Powell, che avrebbe riportato come generale delle operazioni di guerra contro i Boeri una grossa vittoria a Mafeking. Durante questa campagna egli formava il corpo dei boy-scouts, ragazzi esploratori impegnati in un compito di lealtà e di preciso dovere,assai utili agli strateghi inglesi nei momenti cruciali. I Boeri, perso per perso, facevano saltare in aria, a volte,ponti ferroviari, case, vedendoli in mano agli inglesi. I boy-scouts correvano nei boschi testardi e impettiti, noncuranti dei negri che ormai, fra quel rumore immenso di cannoni, quelle fiamme crepitanti, quei lampi che squarciavano il cupo cielo notturno d’Africa, quella polvere soffocante che si levava dal terreno arso, spianato, osservavano spauriti, ma affatto arrabbiati, anzi dolorosamente colpiti, tanto che si lamentavano nella notte accanto alle cascate. La zuffa si fece poi più violenta: gl’Inglesi radevano una casa al suolo i Boeri rubavano i viveri agl’Inglesi;

gl’Inglesi ammazzavano i buoi dei Boeri i Boeri-boum!-facevano saltare in aria un ponte già malandato, assieme a quelli che si facevano in quattro per ripristinarlo. Dall’Europa diverse navi salpavano ogni tre mesi piene di belligeranti. Mentre i Boeri e gl’Inglesi se le suonavano di santa ragione i negri salivano sulle silenziose piroghe e scivolavano via con le masserizie e i bambini, sperduti e piangenti lungo i litorali mai prima visti dell’Africa del Sud.

Nelle foto ricordo dei Boeri, che ancor oggi si possono rintracciare nei libri a loro benevolmente intitolati, anche da italiani, sono raffigurate in genere intere famiglie di decine e decine di membri, con al centro il quadro del progenitore, tutti schierati davanti alle bianche case del Transvaal. I negri non

figurano in queste foto neppure da lontano come se essi non fossero mai esistiti nel Transvaal.

Ivan Castrogiovanni

pubblicato su Telesud  del giovedì 5 novembre 1970

(sdm)

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