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La sintesi della storia tormentata del “cable park”.

ACIREALE – Il 24 dicembre ’21 è stata scritta un’altra pagina, possibilmente l’ultima, di questa complessa vicenda che vede protagonista il Cable Park. Erano assai attese le decisioni del CGA, accompagnate da preoccupazioni, speranze, ottimismo e pessimismo da parte dei soci del Wake Surf Center e dell’Ente comunale.

Proviamo a fare una breve cronistoria dei fatti.

Tutto ha avuto inizio il giugno 2016, quando venne avviata la pratica per la realizzazione del Cable Park. Lo Sportello unico delle attività produttive del Comune di Acireale ritenne necessario, ai fini di un riscontro positivo dell’istanza, attivare un procedimento di “variante urbanistica per la conversione da zona a vocazione agricola a zona F – “Verde pubblico; aree attrezzate a parco e/o gioco e/o per impianti sportivi”. Inoltre l’amministrazione comunale richiedeva di sottoporre il progetto a verifica di assoggettabilità (VAS).

Si susseguirono diverse “conferenze dei servizi” dove vennero acquisiti i pareri. Nello specifico: nulla osta della Soprintendenza alla variante urbanistica; il parere del Comune di Acireale al cambio di destinazione urbanistica dell’area; parere dell’ASP Catania; parere favorevole espresso ASP Catania distretto di Acireale; il parere di “non assoggettabilità” del progetto alla procedura di VAS (decreto assessoriale 19/10/2017).

A gennaio 2017 la società Wake Surf Center, comunicò l’inizio dei lavori allo Sportello unico delle attività produttive del Comune di Acireale per la realizzazione del Cable Park. Il 31 luglio 2017 il Comune di Acireale ordinava l’immediata sospensione dei lavori con le motivazione che era “in corso una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio attraverso un “insieme sistematico di interventi edilizi” per la realizzazione del “parco acquatico” in violazione dello strumento urbanistico in quanto realizzato in Zona Agricola “E”, in assenza della variante”. Successivamente veniva sequestrato il cantiere da parte del giudice penale ma il sequestro, successivamente, venne revocato con il provvedimento del PM che chiese ed ottenne l’archiviazione accogliendo, così, i chiarimenti della società. La Wake surf center affermava che “…il vincolo vigente è solo quello relativo alla fascia di rispetto del fiume, ed interessa una porzione di soli 2,3 ettari su 9 ettari dell’intera area di progetto.” e “…per i quali è possibile procedere ad accertamento di compatibilità paesaggistica…”la compatibilità paesaggistica della “: realizzazione di n. 3 tralicci in acciaio e n. 2 plinti fuori terra in cemento armato per il pretensionamento dei cavi, realizzazione di un invaso artificiale”.

La Wake surf center ricorre, inoltre, al giudice amministrativo dove chiede: “di ordinare allo Sportello di concludere il procedimento instauratosi con l’istanza del giugno 2016; di annullare il provvedimento di sospensione dei lavori”.

Il 6 dicembre 2017 il Comune di Acireale ordinava la demolizione di una nuova costruzione in “violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico vigente”, del bacino idrico, le basi in cemento armato, un fabbricato di circa 80 mq. e un fabbricato di circa 450 mq. L’ordinanza della demolizione venne motivata in quanto, secondo il Comune di Acireale  “risulta in violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico vigente, in quanto opere realizzate in zona Agricola “E”, ad oggi in assenza di Variazione Territoriale Urbanistica, necessaria per l’impianto previsto ín progetto e in corso di realizzazione.” . Tra l’altro, sempre secondo le osservazioni del Comune di Acireale i “lavori eseguiti abusivamente. nel vigente P.R G ‘ricadono in Z.T.O. ‘E” (Verde Agricolo). nonché in area sottoposta” ai vincoli sismici, fascia di rispetto del torrente, parco archeologico e all’interno della fascia di 200 mt. dal pozzo.

12 dicembre 2017, il Comune di Acireale acquisisce in conferenza dei servizi i pareri sull’esistenza di “un insieme sistematico di opere” ritenute abusive. La successiva conferenza dei servizi del 4 gennaio 2018 confermava il “permanere delle opere abusive” e archiviava l’istanza della Wake surf center.  La società impugnava, quindi, le decisioni espresse nelle conferenze dei servizi del 12 dic. 2018, l’ordinanza di demolizione del 6 dic. 2017 e il provvedimento di archiviazione del 4 gen. 2018.

La Wake surf center in riferimento alle opere contestate presentò quindi “un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art.14 della legge regionale 16/2016, relativa agli interventi realizzati tramite CILA”, ma l’11 giugno 2018 il Comune negò l’accertamento in quanto ritenne le opere indicate abusive. Secondo il Comune di Acireale si trattava di un “insieme sistematico di opere” non realizzabili in zona di verde agricolo.

Il 14 agosto 2018 la Polizia Municipale redisse un verbale di inottemperanza affermando che “la Società non avrebbe adempiuto all’ordinanza di demolizione”.  Si va davanti al TAR. Il giudice di primo grado premette che: “Per ragioni logico-giuridico occorre muovere dall’esame delle doglianze avverso il rigetto dell’istanza di accertamento di conformità (e quindi dal secondo ricorso con motivi aggiunti), in quanto il loro accoglimento inciderebbe sull’ordinanza di demolizione e, conseguentemente, anche sull’archiviazione del procedimento innanzi alla conferenza di servizi”. Un passaggio importante è quando si afferma che l’accertamento di conformità deve essere svolto con “riguardo ai singoli interventi e non, come ritenuto dall’amministrazione, in modo globale”. Nella sentenza del TAR si affermava anche che “l’intervento descritto, al di là delle specifiche contestazioni, necessita del permesso di costruire…” ed ancora “Il giudice di primo grado ritiene che “al di là della tipologia del titolo occorrente per la regolarizzazione delle opere originariamente realizzate solo con CILA e della eventuale carenza di documentazione (integrabile)”. Ed ancora: “tali opere, come ritenuto dall’amministrazione, effettivamente non appaiono compatibili con la destinazione agricola”. Il ricorso viene così “rigettato”.

Intanto la Procura di Catania dove aver ordinato il dissequestro del cantiere, il “7 maggio 2019”, formula la “richiesta di archiviazione nei confronti dei signori Caudullo Gianfranco e Rannisi Lucia inizialmente indagati per i reati edilizi relativi alle opere” in oggetto. Nella richiesta di archiviazione, tra l’altro, si legge che in “quanto alla realizzazione del bacino, occorre dire che la legge regionale non pone alcun limite di dimensione né di destinazione del bacino medesimo, realizzabile come si è evidenziato, in difetto di titolo abilitativo”. Ed ancora “le strutture prefabbricate, sotto altro profilo, occorre osservare che le foto prodotte dalla difesa dimostrano che le strutture verticali sono collegate alla base mediante dei bulloni che, come ovvio, sono facilmente rimovibili…”.

22 dicembre 2020, l’ordinanza del CGA ai fini di assumere una decisione ha ritenuto indispensabile la verifica dell’esatta “dimensione della stessa, la superficie che impegna ed il rapporto tra la superficie impegnata ed il terreno di pertinenza; – le modalità con le quali è stata realizzata: – se la struttura è facilmente amovibile”.  Il Genio civile di Palermo ha eseguito gli accertamenti e ha depositato la relazione di verificazione in data 18 giugno 2021. Il 4 novembre 2021 la società sporge denuncia per il reato di falso nei confronti del verificatore mentre il Comune di Acireale condivide l’esito della verifica.

Dopo anni si doveva finalmente comprendere se le opere contestate e ritenute abusive fossero amovibili e compatibili con la destinazione urbanistica del suolo su cui ricadono.  Ecco che per quanto riguarda le opere realizzate e contestate il verificatore determina che  “si tratta di opere decisamente incompatibili, nel loro insieme e singolarmente, con la destinazione urbanistica del suolo ove sono state realizzate. Non si riscontrano in quanto realizzato i profili dell’amovibilità e della temporaneità ed il fabbricato pertanto abbisognava di permesso di costruire”. Per la questione del laghetto, le “caratteristiche dell’invaso che provocano una durevole modifica dello stato dei luoghi e la sua destinazione d’uso consentono di affermare come lo stesso non possa essere considerato una mera pertinenza del fondo agricolo e quindi come tale non possa rientrare nel contesto dell’edilizia libera”.  Il 24 dicembre 2021 il CGA decide che l’appello della società “è infondato” e lo respinge e, quindi, conferma la sentenza del primo grado (TAR).

Un’opera bella e che poteva dare al territorio prospettive di sviluppo economico e turistico non vedrà la luce, la Giustizia amministrativa si è espressa ed ha deciso. Ci sono stati certamente errori ma lo stesso possiamo affermare che in tutta questa vicenda tutti ne escono sconfitti ed ancora un’altra speranza di sviluppo sostenibile del territorio vola via e viene chiusa in archivio insieme ai numerosi faldoni di documenti che l’hanno accompagnata.

(mAd)

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