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giovedì, Maggio 2, 2024
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L’assenteista, i gettoni e la maggioranza silenziosa e “rizzettara”.

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Con una certa regolarità Acireale viene catapultata alla ribalta nazionale per questioni certamente non di merito. E’ un fatto positivo? In qualche modo si nella misura in cui le dinamiche della comunicazione e dell’informazione intraprendono percorsi assai diversi rispetto a quelle di appena qualche anno fa. L’indignazione monta, raggiunge pessime vette giustizialiste e si inerpica fino alla forca, lasciando ad alcuni osservatori attenti l’amaro in bocca ed un retrogusto giacobino che dona abbondanti crampi allo stomaco.

Eppure tanti “indignados acitani” sono gli stessi che hanno, da sempre, considerato il voto come un affare privato, una dimensione di rapporto uno a uno dove il concetto di comunità e di bene comune sparisce per lasciare spazio a piccole dinamiche utilitaristiche. La città dei limoni e della cultura è diventata da anni la città dei caf, dei disbrigo pratiche, della dimensione personale e della trattativa privata, ovvero un luogo dove la bellezza è stata sbaragliata da decenni di disastri politico-amministrativi che hanno prodotto solo una grande immensa distesa di sabbia incolore; un deserto di proposte, un oceano di nulla primordiale.

Un luogo, cioè, dove all’insaputa delle avanguardie sensibili e attenti, si è gestito il patrimonio pubblico senza una vera produzione di beni per la collettività. Insomma un popolo di clienti non è un popolo che ha il diritto all’indignazione, al massimo possono svegliarsi di soprassalto e scoprirsi forcaioli e giustizialisti sanculotti.

Eppure, lo diciamo da tanti anni, è la riscoperta della bellezza che salverà la comunità. Per tale motivo crediamo che il parco cittadino della villa Belvedere deve ritornare fruibile prestissimo, per tale ragione siamo convinti che la Timpa è bene dell’umanità e sempre per lo stesso motivo vorremmo vedere una città liberata dal traffico impazzito e dalla frenesia al piombo che tutto riduce in cancro.

Insomma su gettonopoli, strisciopoli e altri “scandali” per larghi strati della comunità acese non possiamo accettare nessuna indignazione perché la modalità prona con cui si è stati da sempre asserviti al potere non da il lasciapassare per l’indignazione, regala solamente un chinare il capo e affermare sommessamente “vabè poi passa”. Passa sempre tutto anche il tempo che ci rimane per lasciare alle future generazioni una città con indici di vivibilità degni di una società civile.

In fin dei conti se non si percepisce l’utilità sociale della bellezza significa che ad un potere logoro se ne sostituirà un altro anche peggiore, significa che il bene comune resterà ridotto a luogo di nessuno, significa che i giustizialisti insorgeranno ancora e che la ragione morirà sotto i colpi di qualche “like” in più.

Crescere, ora.

(mAd)

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