Ad Acireale stare all’opposizione è proprio una grande rottura di palle. Sembra che non si riesca a digerire il ruolo (fondamentale) dell’opposizione, si è anche cambiato il termine, ribattezzandolo “minoranza”. Mah, mi chiedo, minoranza di cosa se sono tutti con lo stesso dna? D’Agostino è stato democristiano come Garozzo e Catanoso lo è diventato, Barbagallo (il sindaco) è di destra, di centro, di sinistra? Nel parlamentino acese sono in tanti ad avere i quadri dei democristiani di un tempo che fu, nei loro uffici e segreterie. C’è chi è stato l’assessore di uno, chi fa accordi con l’altro e chi riconosce la prudenza e i modi del segretario del PD Sebi Leonardi battezzandolo come “un buon democristiano”. Insomma cambiamo i simboli, i nomi dei partiti ma alla fine si confluisce tutti nella stesso calderone popolar-populista-zauddo che è la maggioranza silenziosa dell’elettorato acese.
Questa è il centro magmatico dove il rapporto uno a uno, la dinamica della segreteria degli onorevoli, il contatto diretto per questioni personali, i numeri che fanno la differenza sono l’asse portante delle modalità politiche. I temi, i grandi temi come la progettualità a medio e lungo termine, la prospettiva di un futuro e la ricerca di una vocazione sono sacrificati all’immediato beneficio del breve termine. Oggi è oggi e domani è troppo lontano per pianificare, l’unico domani che si avvicina con interesse e ansia è l’arrivo di una nuova campagna elettorale.
Vengono tutti dalla stessa grande madre e con la stessa tecnica raccolgono il consenso. Un consenso che ingessa la città perché, da noi, il paradosso consiste proprio nel fatto che per governare l’unica formula pagante è non fare nulla, non smuovere le acque, curare l’elettorato (quello becero) e dimenticare in fretta le istanze della migliore società civile considerata, da sempre, minoranza inutile. E i risultati si vedono.
L’Amministrazione balbetta e canticchia passeggiando sullo status quo, mentre l’opposizione produce zero e porta avanti un paio di istanze che puzzano di naftalina: Il taglio degli alberi alla villetta Gescal, la pista ciclabile, qualche altra piccolezza inutile e poi il silenzio. Le uniche componenti politiche che potevano dare un minimo di contributo credibile per il dibattito cittadino non hanno preso tanti consensi da mandare qualcuno in consiglio comunale. Per il resto è il deserto dialettico, un silenzio assordante interrotto solamente dalla variopinta ruota del pavone. Troppo poco da parte dell’amministrazione, quasi niente da parte dell’opposizione. Se poi andiamo a vedere le capacità delle opposizioni di mettere in piazza un certo numero di persone (per qualsiasi iniziativa) allora ci rendiamo conto che possiamo contarli in un baleno.
Acireale è la città della pax, quel luogo dove gli equilibri sembrano eterni, un posto dove la vivibilità cammina a stretto contatto con assenza di buona mobilità, quella città dove i “carri” in piazza sono l’aspetto iconografico più eclatante del nulla.
(mAd)