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Piccola Storia di Jaci – Festività natalizia , anno 1936

Il periodo di dicembre nella città di Acireale un tempo era costituito da tutta una serie di usanze e riti che culminavano con la vigilia di Natale, infatti l’antico adagio recitava: E quattu Barbira  e sei Nicola all’ottu Maria e tridici Lucia o vinticincu Lu veru Missia. Nei vari quartieri del centro storico si addobbavano i vari “atareddi” e “coni” dove durante la novena si recitava il rosario e si cantavano le varie canzoni dialettali e poi nelle case non mancava l’allestimento del presepio. La giornata della vigilia era dedicata alla spesa “a chiazza” per cena della vigilia e con pomeridiana preparazione della “Scacciata”, per chi non aveva il forno a casa c’era pure la processione nei vari forni storici per l’infornata delle teglie, e a “friuta do baccalaru”. Dopo cena i classici giochi come la tombola o il settemezzo e in nottata la passeggiata verso la chiesa del quartiere per la messa di mezzanotte

Il dott. Fichera in un suo articolo pubblicato nelle colonne del Popolo di Sicilia il 24 dicembre 1936, descriveva l’atmosfera che si respirava in quei freddosi giorni nella città di Acireale

Rigido cielo stellato, cornamuse e nenie davanti ai presepi ove una stella di argento illumina la capanna miracolosa ed i pastori nelle loro mosse estatiche portano doni al Pargolo divino. La poesia della tradizione vive ancora nei borghi e nelle  piccole città ove par che l’ansia febbrile dei giorni nostri si arresti per far rivivere antiche usanze e tradizione secolari. Scende ancora la cornamusa dalla montagna bianca di neve, le campane chiamano a sera per la novena nelle chiese antiche, il presepio in ogni casa richiama vecchi e bimbi per ripetere in coro le semplici parole rituali della nenia. Neve di bambagia e di polvere di gesso imbianca il muschio e l’erba, copre il fienile ove il centenario “Gennàro” si scalda al focherello, il pastore dorme appoggiato al suo bastone, le pecore sul monticello di pietra nera sono immote,  il villanello porta il cesto ricolmo di frutta, ed odorano di pomi e le arance fra le candele e le borragini. Tutte le strade risuonano la sera di motivi patriarcali, da tutte le case si diffonde quest’onda sonora che è dolce e cullante: musiche e parole che tutti abbiamo sentito fin dagli anni più teneri, e ascolteremo sempre ogni anno fin a quando avremo vita. La città si prepara così ad attendere la notte miracolosa, con una gioia sempre nuova, in intrepida attesa, e tutti dimentichiamo che ogni Natale segna un anno di più, un capitolo della vita si chiude,  un passo avanti verso la meta ultima. Ma nessuno pensa a queste cose perché il tepore della casa, davanti ai “Pastori”, c’è accanto ai vecchi un capo biondo o bruno, un sereno sorriso di fanciullo che comunica a tutti la gioia meravigliosa e ci riporta alla freschezza della sua età novella. Stanotte le campane chiameranno per la ricorrenza divina. Tra canti ed incensi sull’altare, quando la mezzanotte sarà per scoccare, cadrà il velario ed apparirà un Bambino di cera, bianco e roseo, nudo sulla paglia, e la Madre e il Patriarca lo adoreranno proni. Nella Cattedrale la funzione richiama una folla grande che ascolta ogni anno l’Osanna di gloria e aspetta che abbia inizio la messa solenne celebrata sull’altare grande. Le due guglie sottili svettano nel cielo freddo sormontate da due croci di luce ed altra folla  si assiepa attorno ai grandi ceppi ardenti nelle piazze maggiori. E’ questa una tradizione che è stata ripresa da alcuni anni. I nostri vecchi ricordano questo rito  che richiama il ricordo dei fuochi di gioia accesi dai pastori che vegliavano in attesa dell’ora della natività ed erano il richiamo visibile da un luogo all’altro nella notte del grande evento. Tra i vari quartieri della città è nota una tacita gara per il ceppo più ricco e più grande. Prima che il giorno nasca un’altra campana dalla voce più sommessa chiama la gente più umile alla chiesa della “Grotta”. Il rito della Natività assume in questa chiesetta arricchita dal bellissimo quadro di Vito D’anna, una particolare suggestione , e , malgrado l’ora insolita, vi accorre una vera folla. Queste sono le caratteristiche più salienti del Natale acese che auguriamo sia apportatore di gioia e di serenità per tutti i nostri lettori.

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