Venerdì, 1° febbraio 1974. Si spegneva Emanuele Macrì. L’ultima sua fatica, vigilia dell’ ottava della festa di San Sebastiano, coincideva con la rappresentazione di uno degli episodi più drammatici e toccanti della storia dei Paladini “la Rotta di Roncisvalle”. Preso dai brividi della febbre, grondante di sudore, la voce spezzata dalla commozione intensa e dello sforzo spasmodico delle robuste corde vocali, messe a dura prova, oltre che dalla fatica, anche dal male, che non perdona, da qualche tempo subdolamente in agguato, con la caparbia ostinazione del puparo di razza, Macrì volle, lo stesso, portare a compimento lo spettacolo, fino alla consumazione del dramma della terribile strage dei Paladini. Il corno di Orlando aveva suonato a lungo, ossessionante, premonitore di una immane sciagura. Con la invocazione di Orlando a Dio Onnipotente e Misericordioso, che stronca i superbi e innalza gli umili, Macrì si apprestava a prendere congedo dalla vita terrena. Aveva 68 anni.
La Rotta di Roncisvalle era stato sempre il suo ” cavallo di battaglia”. Per l’ultima volta, addirittura, superò se stesso, fu il canto del cigno d’un puparo morente. Nell’accorato addio del Paladino alla sua fedele durlindana straziante e patetico, c’era un presentimento, di lì a pochissimi giorni, infatti, Macrì se ne sarebbe andato per sempre.
(Antonio Pagano – Ricordo del Maestro su Memorie e Rendiconti anno 1984)
Foto Clemente Cucuccio