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STOP FEMMINICIDIO – TI AMO, LO GIURO, di Carla Oliva

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Ti amavo. Ti amo, lo giuro, ti amo.

Lo ricordo ancora, quel Venerdì di fine estate, c’era il sole alto e il caldo non si sopportava, ti ho visto da lontano coi tuoi capelli ribelli, nei tuoi vestiti leggeri, sulla tua moto che tutte ammiravano; ho visto come mi sorridevi. Avevi gli occhi già belli, azzurri, vispi e intelligenti, astuti come ora, come sempre. Anch’io ti ho sorriso e quando ti sei avvicinato, con la tua andatura altalenante e quei jeans fermi sotto la vita, che sembravano essere sul punto di cadere ma erano in perfetto equilibrio, sentivo il cuore in gola e ho pregato ogni divinità esistente perché non avessi nulla tra i denti.

E se, quel pomeriggio torrido d’agosto, non avessi avuto voglia di uscire con le amiche? E se tu ti fossi dimenticato per una sera della tua moto bella e lucente, se non avessi mai incontrato i tuoi begli occhi azzurri, che allora mi sembrava di vederci il cielo dentro? Che cosa ne sarebbe di me, ora?

Ti amo, lo giuro. Te lo prometto.

Mi sono innamorata di te, di noi, di me che stavo con te in quell’estate eterna, delle rocce su cui ci siedevamo e del tempo che sprecavamo a parlare di nulla, io lo so, lo so che senza di te non sarebbe più lo stesso. Te lo giuro, lo so. E poi ho amato quell’estate, che c’era un caldo pazzesco, l’estate che ti amo e ti ho baciato per la prima volta in quell’angolo nascosto della spiaggia in cui nessuno poteva vederci. L’estate degli sguardi innamorati, la nostra estate.

Eravamo seduti su una panchina del parco in città, a osservare estasiati le foglie ingiallite che in un ultimo volo leggero si abbandonavano al loro destino, quando è arrivato l’autunno; «Sei mia» hai detto con gli occhi lucidi di un’emozione nuova, e mi hai baciata come se volessi farmi diventare parte di te. Ti ho toccato i capelli, bruni, folti, perché adesso non li porti più così lunghi?, ho accarezzato le tue guance vermiglie per il freddo, «Tua, sono sempre tua» ha sorriso la bambina che c’era dentro di me, ingenua, fragile, troppo spensierata.

Io ti amo, davvero; non ci credi?

Credo fosse già Novembre inoltrato quando Daniele mi ha invitata al suo compleanno, non ne sono sicura, il tempo ha smesso di piacermi ormai. Tu non lo conoscevi e hai detto che non avevi voglia, che ci andavi a fare al compleanno di uno sconosciuto? Non avevo capito, scusa, che se non andavi tu non sarei potuta andare neanch’io; ma Daniele ci teneva, ci conosciamo da quando siamo piccoli, e poi è pure fidanzato, perché non mi vuoi credere?

E come faccio a dimostrarti che ti amo?

È arrivato l’inverno e forse hai ragione, scusa, sono una stupida, è normale che tu sia geloso; dovevo capirlo prima. Comunque ora Daniele non lo vedo più.

Ma quanto sono belli i tuoi sorrisi, e quando mi baci tutto torna al suo posto, io ti amo, non lo capisci?

Non ti mento mai, ma se sei così convinto che io ti tradisca – non lo faccio – puoi accompagnarmi dove vuoi, esco solo se ci sei tu, non esco più, sto con te, basta che mi tieni stretta e non mi lasci mai. Fuori fa così freddo e le tue braccia sono tanto calde e comode.

L’inverno è una stagione lunga e io voglio te al mio fianco, anche se ogni tanto mi sgridi ma sono stupida e me lo merito.

Eppure ho avuto paura. Ho avuto paura quella volta, sai?, quando ho dimenticato il caricabatterie e, tu hai urlato, e la tua macchina era troppo fredda, ghiacciata, e quello schiaffo che mi hai dato ha fatto troppo male, se adesso mi sfioro la guancia lo sento ancora addosso, sai?

Però avevi ragione. Quel caricabatterie l’avevo preso, che stupida, era già pronto sul tavolino all’entrata; poi quando hai chiamato tu hai detto che ero in ritardo, sbrigati stupida, e io avevo paura che mi facessi male di nuovo e non ci ho visto più, così ho preso le chiavi e la borsa e sono corsa giù, non volevo farti arrabbiare e invece il caricabatterie l’ho lasciato lì, scusa, l’ho scordato. Mi hai chiesto perdono, era solo uno scatto d’ira, hai detto «Non succederà mai più» e sulla mia guancia tremante hai sovrapposto una carezza allo schiaffo di prima. Ma no, tranquillo, avevi ragione tu, che stupida sono stata ad aver lasciato il caricabatterie.

Ti amo, lo giuro!

Quest’inverno è troppo lungo e nonostante mi ripari nei miei cappotti pesanti, in quello azzurro che mi hai regalato tu a Natale, perché sta benissimo con i miei occhi (hai detto tu), io sento freddo dentro, nelle ossa. Mi abbracci?

Io ti ho regalato un bellissimo orologio a Natale, ti è piaciuto, hai detto, mi ami da impazzire, hai detto, due ore dopo però mi hai dato un pugno così forte da stendermi sul pavimento. «Chi è questo stronzo che ti manda messaggi sul cellulare?» mi hai chiesto mentre mi contorcevo a terra dal dolore; ci ho provato a spiegartelo, ma cosa posso farci io, se che un collega dell’università vorrebbe i miei appunti a te sembra la scusa perfetta per nascondere un amante?

E lo vuoi capire che ti amo, cavolo?

E il sangue esce sempre più denso dalle labbra spaccate, i lividi si fanno più violacei e questo inverno che non vuole finire dove ci porterà? Mi viene da piangere e lo so che ti arrabbi facilmente e ti perdono ogni volta, scusa, è colpa mia, mia, mia. Ci sdraiamo insieme ma di fare l’amore non ho voglia, scusa, mi fa male tutto, ho lividi qui e qui e qui, me li baci con una tenerezza che conosco troppo bene. «Scusa, la prossima volta starò più attento».

Ma che, figurati. Dopo tutto sono tua, no?

#fancityliberinavigatori

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