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Scappate dal piddì

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Leopolde e Faraone, i rottamatori si accorgono che si sono rottamati da soli. Con metodi “purganti” Renzi e soci hanno fatto fuori tutti quelli che nel piddì ancora mantenevano qualche vago ricordo di cos’è la sinistra. Ovvero quell’insieme di pensieri e condotte che si è sempre rivolto alla difesa dei più deboli, dei lavoratori, di chi non aveva rappresentanza. Vaghi ricordi per un partito che difende e si mette sotto le dinamiche imposte dalla troika in campo economico, che si mette prono davanti “alla tenuta del governo” allevando un partito, l’NCD, che non avrebbe avuto motivo di esistere senza “il colpo di mano” renziano.

Scappare dal piddì per tutti quelli che credono ancora nel pensiero socialdemocrativo diventa, poi, un imperativo quando si assiste, in Sicilia, ad un’orda di dirigenti politici che sono stati cuffariani e lombardiani fare il loro ingresso trionfale nel partito che fu anche di Gramsci e Togliatti, oppure quando, sempre in Sicilia, in seicento lasciano perché hanno avvertito l’aria irrespirabile dentro un gruppo di potere che, malgrado gli crolli tutto intorno, malgrado tutti gli indici di disoccupazione, di lavoro nero, di lavoro precario, di criminalità, di povertà avanzano, serenamente conitnuano a tenere in piedi un governo regionale che non merita alcun sostegno e che rimane piantato alla poltrona solo perché nessuno vuole correre il rischio di andare a votare.

Il fallimento del piddì, malgrado aumentino i consensi, è palese, visibile; non certo nella conta dei voti (consenso becero e consenso democristiano come sempre), ma per l’assenza di una proposta politica progressista, per l’assenza di una visione innovativa del welfare, per la mancanza totale di ogni contributo fattivo sui temi etici. Difficile cambiare rotta nella politica economica ed è drammatico vedere cedimenti ed omissioni anche per i temi etici. Un partito, il piddì, che merita certamente una percentuale di elettori votanti intorno al 40% perché è noto che è questa la soglia di consenso dove tutto è possibile, dove tutto è controllato dai grandi elettori e dal consenso condizionato dalla gestione del potere.

Così, mentre si distrugge definitivamente il futuro dei giovani italiani con una riforma del lavoro degna della peggiore destra reganiana, mentre si manda in frantumi la Scuola e la Sanità pubblica, mentre si continuano ad accettare passivamente gli ordini della finanza europea, l’Italia muore nel silenzio, affonda nel degrado e la Sicilia, come sempre, rimane fanalino di coda, ultima per progresso, civiltà, lavoro.

Intanto continua la farsa delle “leopoldate”.

(mAd)

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