Una vittoria dello Stato attesa da 43 anni! L’arresto del capomafia Bernando Provenzano mise fine alla lunghissima latitanza di uno dei più spietati criminali di “Cosa nostra”, che ha guidato dal 1995 al momento della sua cattura.
Soprannominato la “primula rossa” e “zu Binu”, il suo nome comparve tra quelli dei ricercati nel settembre del 1963, quando nei suoi confronti fu spiccato un mandato di arresto per omicidio. Da quel momento e per oltre 40 anni divenne un fantasma, lasciando nel mistero anche il suo reale volto, per via dell’unica foto disponibile, risalente a quando aveva soltanto 26 anni.
Nel corso della latitanza, grazie a una fitta rete di coperture (secondo alcune inchieste anche a livello politico-istituzionale), riuscì a impartire ordini e a gestire gli affari di “Cosa nostra”, utilizzando dei semplici pezzettini di carta, noti in dialetto siciliano come pizzini. Responsabile dei più efferati delitti mafiosi, venne condannato in contumacia all’ergastolo per l’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e per la stragi di Capaci e via D’Amelio.
L’intercettazione di alcuni pizzini misero gli investigatori sulle sue tracce, individuando il suo nascondiglio in una masseria nelle campagne di Corleone. Qui, l’11 aprile 2006, scattò il blitz degli agenti della squadra mobile di Palermo, ai quali Provenzano non oppose resistenza.
Rinchiuso nel carcere di Novara, oggi si trova nel più totale isolamento, giustificato dai suoi ripetuti tentativi di comunicare con l’esterno. Tra i processi in corso che lo vedono coinvolto, il più importante è quello sulla presunta trattativa Stato-mafia.
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