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24 aprile 1821, Manzoni inizia la stesura di Fermo e Lucia

fermoelucia

 

Reduce dal clamore suscitato negli ambienti letterari con la sua prima tragedia Il Conte di Carmagnola (1819), in cui si evinceva la matura adesione al realismo romantico in contrapposizione ai canoni classici, Alessandro Manzoni reagì alla delusione per l’incarcerazione di molti suoi amici, rifugiandosi nella sua villa di Brusuglio (oggi frazione di Cormano) ed immergendosi in numerose letture.

In particolare concentrò la sua attenzione sull’Ivanhoe, romanzo a sfondo storico dello scozzese Walter Scott, sull’Historia patriae di Giuseppe Ripamonti e sulle opere politico-economiche di Melchiorre Gioia. In questa fase maturò l’idea di scrivere un romanzo che attraverso una scrupolosa aderenza alla ricostruzione storica, armonizzata con la finzione del racconto, veicolasse i valori in cui il Manzoni credeva.

Se dal volume di Scott Manzoni derivò una visione più moderna del romanzo, che unisse svago e approfondimento culturale, gli altri due gli consentirono di approfondire un periodo storico specifico, il Seicento, che si prestava quale metafora universale di società, sia per la ricchezza di fatti storici, sia per i mali sociali, come ignoranza e corruzione, da cui era attraversato.

Nell’ottica risorgimentale, inoltre, il Seicento veniva ad essere un esempio drammatico della dominazione straniera in Italia, soprattutto per il nord Italia. La scelta di prendere in considerazione il contesto lombardo si spiegava da un lato con l’intento di condannare la restaurazione del dominio austriaco, dall’altro con il profondo legame con i luoghi della sua infanzia.

I luoghi del lecchese (oggi identificati nei quartieri Olate ed Acquate del comune di Lecco), distesi lungo le sponde del lago di Como, facevano da sfondo alla vicenda dei due innamorati che Manzoni iniziò a scrivere il 24 aprile del 1821, svelando nell’introduzione di aver attinto da un manoscritto anonimo (artificio letterario ripreso dall’Ivanhoe) del XVII secolo.

Interrotto per la stesura della seconda tragedia, l’Adelchi, il romanzo fu completato nel 1823 con il nome di Fermo e Lucia. Scontento del linguaggio, da lui stesso definito «un composto indigesto di frasi un po’ lombarde, un po’ toscane, un po’ francesi, un po’ anche latine», e della poca scorrevolezza della narrazione, decise di non pubblicarlo.

Sulla base della revisione operata dai suoi amici letterati, approntò una seconda versione che pubblicò nel 1827 con il titolo de I promessi sposi. Non ancora soddisfatto del registro linguistico, si predispose (come scrisse in una lettera) a «risciacquare i panni in Arno», ad adottare cioè quella parlata fiorentina che caratterizzò la terza e definitiva versione, edita tra il 1840 e il 1842.

Col tempo la prima versione, “Fermo e Lucia”, venne considerata sempre più come un’opera con un’esistenza propria rispetto alla sua versione più celebre.

#fancityaccaddeoggi

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