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Aci Green Way – Una Città Ostaggio dei Privati

Ci siamo occupati ieri dello stato dei lavori sul vecchio tracciato ferroviario, e speriamo che sia servito a riaccendere l’interesse della città per questa importante opera pubblica di valenza strategica per il turismo e per la mobilità.

Nel pezzo spieghiamo che il cantiere è fermo ,almeno nella sua interezza, e nonostante l’opera dovesse essere consegnata nel mese di febbraio a giudicare dallo stato di avanzamento, siamo ben lontani dal completamento.

Proviamo a spiegare adesso perchè il cantiere si è arrestato.

L’accesso di Mortara del tracciato ferroviario dismesso negli anni 70 a seguito del raddoppio di linea, è stato chiuso con un cancello, probabilmente abusivo, da parte di alcuni proprietari dei fondi agricoli che insistevano sul tracciato.

Tali proprietari hanno, negli anni utilizzato il vecchio sedime ferroviario di proprietà di RFI e successivamente delle sue partecipate Ferservizi, ecc. per accedere ai fondi agricoli senza avere alcun diritto di superficie ed alcuna servitù trascritta, l’unico diritto che i confinanti possono avanzare sulle opere ferroviarie dismesse è la prelazione per eventuali vendite all’incanto da parte del proprietario di rete.

RFI e le sue società che negli anni si sono occupate della vendita dei beni dismessi, hanno sempre confermato la volontà del Comune di Acireale a subentrare nella proprietà del vecchio tracciato della Timpa, al punto che, durante l’amministrazione Barbagallo, si giunge ad un atto di compravendita dell’intero tracciato con cui il Comune diventa proprietario dell’area per un importo di circa 270.000 euro; caso anomalo, secondo me, in quanto di solito i beni vengono ceduti ai comuni in comodato d’uso e non in vendita.

Se vi fossero stati diritti di terzi che insistevano sul tracciato, il Notaio che ha rogato l’atto avrebbe dovuto segnalarli al Comune, anche in virtù della pubblicità che l’atto di compravendita ha avuto, ed a cui nessun soggetto a proposto impugnazione.

Oggi un’opera pubblica da 800.000€ con finanziamento europeo, da restituire in caso di mancata realizzazione, si blocca davanti alle pretese di un presunto diritto di usucapione del tracciato da parte di alcuni privati che , negli anni hanno aperto cancelli sull’ex sedime ed oggi vantano presunti diritti, non sappiamo se di proprietà o di servitù.

Per quanto risulta a chi scrive, i diritti di usucapione, qualora vi fossero, non si applicano ai beni pubblici demaniali, ed anche le proprietà delle vecchie Ferrovie dello Stato, società pubblica poi privatizzata, mantengono il carattere di demanialità almeno per quanto concerne i suoli e gli immobili.

Tali beni, all’esito di un acceso dibattito interpretativo e utilizzando come dato normativo di partenza l’art. 822 c.c., sono stati inseriti nell’ambito categoriale del demanio eventuale e assoggettati, pertanto, alla relativa disciplina giuridica .

Più precisamente, tra i beni ferroviari classificati come demaniali sono stati inseriti, ad esempio, la sede stabile ferroviaria e le relative pertinenze, i fabbricati delle stazioni, i depositi, i magazzini e le officine.

A tale riguardo, inoltre, secondo la Suprema Corte di Cassazione «Le strade ferrate, incluse nel demanio pubblico a norma dell’art. 822, comma 2, c.c., comprendono il suolo e le essenziali strutture, necessarie al funzionamento della linea, mentre fanno parte del patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 826, ultimo comma, c.c., il materiale rotabile e gli edifici, non inerenti alla strada ferrata, destinati al pubblico servizio ferroviario».

Inoltre, con pronuncia del TAR Lazio ha specificato che «Il comma 2 dell’art. 15 l. 17 maggio 1985 n. 210, con lo stabilire la insottraibilità alla destinazione di pubblico servizio dei beni dell’ente Ferrovie dello Stato senza il consenso dell’ente stesso, non fa che applicare il regime dei beni patrimoniali indisponibili di cui al comma 2 dell’art. 828 c.c., così come richiamato dall’art. 830 c.c.».

La normativa sui beni ferroviari, alla luce di quanto detto, è intervenuta, perciò, a suffragare, seppur in modo implicito la tesi secondo cui le reti, gli impianti e le altre dotazioni strumentali alla gestione dei servizi pubblici attribuiti alla società per azioni di nuova istituzione, nonostante la loro appartenenza a soggetti divenuti formalmente privati, restano assoggettati al perdurante vincolo di destinazione, proprio dei beni patrimoniali indisponibili.

Se così non fosse Ferservizi spa, non avrebbe potuto vendere nessuno dei numerosissimi beni che possedeva, caselli, stazioni, tracciati, ecc. che erano quasi sempre occupati da terzi, dai pastori con pecore alle più svariate occupazioni d’uso.

Inoltre osservando le recinzioni che tali privati hanno messo in opera, sembrerebbe che le stesse siano molto recenti e potrebbero avere acquisito parte del tracciato originario, che in alcune parti era molto più largo del binario per le aree di scarico e di manutenzione.

Questa assurda situazione in cui una città si piega, agli interessi privati bloccando l’uso pubblico di un bene, assomiglia molto alla questione recente della scala dei Turchi di Realmonte, in cui un privato sostiene di averne proprietà e si oppone all’uso pubblico, questione recentemente affrontata dalla Procura della Repubblica di Agrigento che ha sequestrato l’intera proprietà affidandola al Comune.

Forse, sarebbe bene che in una città in cui la Magistratura ha dormito per anni, e che solo di recente sembra aver trovato nuovo vigore, si faccia luce su questa vicenda che rischia di costare molto cara a tutta la Comunità

Fabio D’Agata

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