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Beni confiscati alla mafia ad Acireale. Il resoconto di un fallimento totale.

ACIREALE – Grazie all’iniziativa “Le scarpe dell’antimafia” promossa da Libera, ARCI, I Siciliani giovani a cui si sono unite altre associazioni, abbiamo potuto conoscere il resoconto mortificante intorno alla questione dei beni confiscati alla mafia.

Beni in comproprietà che l’amministrazione comunale ritiene di dover fare, come dichiarato dal sindaco Alì, “marcia indietro perché non è di interesse del Comune avere un bene in comproprietà con altri soggetti perché diventa difficile trovare un associazione che potrebbe prendersi un bene a metà”.

Poi ci sono beni sempre ad Acireale dove ancora “abita la famiglia alla quale è stato confiscato”. Ed ancora una palazzina e dei terreni di cui “si è avviato l’iter ma non è ancora completato”. Nulla dei beni confiscati è andato al Patrimonio pubblico e, ovviamente, nulla è stato potuto essere assegnato alle associazioni che certamente ne farebbero richiesta.

E’ il resoconto di un fallimento totale, lo stessa debacle che ha visto negli ultimi 8 anni, la Magistratura ha sequestrato o definitivamente confiscato un totale di 65.502 beni fra mobili, immobili, beni finanziari e aziende. “Al 31 ottobre 2018, i beni immobili tornati alla collettività sono stati 15.037. Di questi, e al netto degli immobili andati distrutti o demoliti o di cui è stata revocata la destinazione, 2.208 sono stati mantenuti al patrimonio dello Stato, 757 sono stati venduti, 12.056 sono stati trasferiti agli enti. Restano invece ancora in mano all’Agenzia 17.318 immobili, perché la confisca non è definitiva o perché non è riuscita ancora a dargli una destinazione”. (Corriere.it).

Gli anni che passano e gli immobili restano a marcire, non ritornano alla collettività, tutto si impiglia tra le carte e la lentezza burocratica. Scrive la Corte dei Conti che il passaggio della comunicazione dall’amministrazione giudiziaria all’agenzia nazionale in media passano 470 giorni. Poi l’iter può avere inizio ma per completare il percorso altro tempo scorre via e tutto rischia di andare in malore ed i beni diventano un peso per la collettività e spesso, dopo tanto tempo, diventano inutilizzabili.

La legge italiana sulla confisca e il sequestro è importante ovviamente l’iter è complesso ed ha le stesse regole di un processo. Primo grado, secondo grado una sentenza definitiva in Cassazione, dopo il passaggio, che può durare anni, in Tribunale arriva poi all’Agenzia che dovrà decidere cosa farne, inserirlo in un bando pubblico, organizzare una conferenza dei servizi a cui dovranno rispondere i Comuni, Regioni e altri Enti ed infine arrivare ai Comuni che a loro volta deve trovare un’associazione che si prende carico del bene confiscato. La prima fase è giurisdizionale ed è determinata dai tempi del processo, poi il bene arriva all’Agenzia. Affermava il 15 gennaio 2020 Roberto Giarola dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata: “Stiamo chiedendo ai Comuni di attivare i bandi preventivamente alla destinazione”.

Si può affermare che se non vengono compressi significativamente i tempi tra l’iniziale sequestro e la definitiva destinazione dei beni “si rischia di provocare una crisi irreversibile nel sistema di contrasto alle mafie con patrimoni rilevanti destinati all’abbandono e riflessi negativi per la credibilità delle Istituzioni”. (Tratto dalla Relazione Parlamentare che ha Istituito l’Agenzia).

(mAd)

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