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Considerazioni di Francesco Sorbello sull’intervista a Don Carlo Chiarenza

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Riceviamo e pubblichiamo:

L’intervista al dott. Carlo Chiarenza, a mio avviso, stimola alcune considerazioni:

  • il concetto di pedofilia per l’intervistato è quantomeno anomalo, bizzarro. La pedofilia per l intervistato si riferisce, infatti, ai bambini e non ai “tardo adolescenti” (così ha definito il giovane Teo all’epoca dei presunti fatti). Ci può spiegare l’intervistato quale è il limite di età oltre il quale non si può parlare più di pedofilia? È forse 14 anni? Se un adulto, sacerdote o meno che sia, se la fa con un quattordicenne non è pedofilia? 
  • per l’intervistato il giovane Teo non era un bambino, ma un “tardo adolescente”.  Che significa? Non aveva il tardo adolescente più o meno 14/15 anni quando sarebbero (condizionale dì cortesia) successi i fatti denunciati? Vista l’età non sarebbe eventualmente un caso di pedofilia? Sarebbe, eventualmente, innocente amore? 
  • l’intervistato dichiara di essere stato strumentalizzato. In che senso? È stato utilizzato da parte di chi e per quale fine più o meno lucroso?  E’ vittima di chi? Affermazione generica e tendenziosa, volta solo a screditare l’accusatore senza, però, indicare circostanze che dimostrino la strumentalizzazione.   
  • è stupefacente il voler far apparire addirittura incerto il fatto di aver incontrato il ragazzo nell’ambito anche delle ordinarie attività parrocchiali, infatti così dichiara “avrò incontrato”. Avrò incontrato? Avrebbe dovuto dire “l’ho incontrato”, perchè deve essere certo di averlo incontrato il ragazzo visto che i genitori erano anche suoi buoni conoscenti (oserei dire amici) e che il ragazzo ha frequentato la parrocchia per un lungo periodo. Non ne ha memoria? Il mio maestro delle elementari si ricorda di me dopo 47 anni! 
  • è poi ancora dichiara l’intervistato Chiarenza “cosa ci ha concluso il ragazzo a fare tanto clamore? Poteva venire da me. Ha fatto sapere al mondo intero che era gay”.

Fare tanto clamore? Ha fatto bene ed ha avuto coraggio nel mettere alla berlina un sacerdote, se il fatto corrisponde al vero così come accertato, in un primo giudizio, dal tribunale ecclesiastico. Aggiungo: ha fatto il suo dovere il ragazzo.  Per quale motivo sarebbe dovuto andare dal Chiarenza? Perché Egli lo implorasse del perdono? Perché lo convincesse, eventualmente, che aveva agito per il suo bene? O per quale altro motivo? Se ha fatto sapere al mondo intero che è gay non è una faccenda che riguarda il Chiarenza. 

  • l’intervistato sottolinea di non essere stato allontanato dalla diocesi.  Male! Si è dimenticato comunque di dire che ha già avuto una condanna in primo grado, solo per completezza d’informazione.
    Con tutto il cuore mi auguro che Egli sia innocente e che la Sua innocenza sia celermente conclamata dal Tribunale, perché tra i mali forse è meglio un accusatore bugiardo che non un sacerdote pedofilo.   

Francesco Sorbello 

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