Palermo – Aprile 1835-
Caro Lionardo…..”Ho fatto certe cosucce che sono piaciute anche da questo lato. Tu le avrai per le mani quando si stamperanno per l’Effemeridi o nel Giornale delle Scienze Lettere ed Arti. I soggetti sono interessanti, e trattati con coraggio. Prendo nella prima a dimostrare che l’imposizione fondiale nostra sia maggiore di quella di Napoli; nella seconda parlo della perdita sofferta dai comuni pel decreto che determino’ il modo di sciogliersi e di compensarsi i diritti promiscui; nella terza parlo della convenienza di abolirsi i peculi frumentari, e di non convertirsi in monti agrari come da tre richieste del consiglio generale della Valle di Messina; parlo poi del sistema annonario da adottarsi in Sicilia. Tra non guari saranno tutte prodotte per le stampe. Ho gia’ fornito una memoria sulla nuova abolizione della feudalita’. Consiste in otto punti e tendenti a dimostrare essersi abolita la nostra feudalita’ troppo favorevolmente ai baroni, e non del tutto, tocco in ultimo i diritti che esigonsi da taluni Vescovi che patiscano di feudalita’. L’argomento e’ di grave interesse, solo darebbe pensiero a chi non avrebbe il mio coraggio. Affrontare due idre , e idre terribili ancora. Sara’ esaminata da pubblicisti Napoletani e Siciliani, e dopo si dara’ alle stampe o al Re. D’oggi in avanti non versero’ che sull’opera da me ideata e di cui ogni giorno vieppiu’ conosco il bisogno: “Paragone della ricchezza di Sicilia e di Napoli”. Il mio ministro in un discorso sulle cose nostre approvollo e mi promise si secondarmi. Conosco che ho pochi mezzi, conosco che nel difetto di statistiche il lavoro riesce difficilissimo e che spesso dovro’ arrestarmi; tutto antivedo; ma senza questi travagli la Sicilia sara ridotta all’estremo assai prestamente. Consulto piu’ carita di patria, che la mia gloria. Santa Rosolia mi aiuti”.
(fonte: epistolario Salvatore Vigo ).