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STORIE DI CANZONI – Equipe 84 – “29 Settembre” (Mogol-Battisti)

Compie cinquantacinque anni questo celebre brano eppure, e non è una frase fatta, non li dimostra per niente. E’ uno di quei casi in cui l’appellativo “evergreen” o addirittura “immortale” non sembra eccessivo per una canzone. Dal punto di vista musicale, innanzitutto. Le sonorità, con la presenza di influenze strumentali “indiane” si discostano nettamente dall’ortodossia beat di quel tempo collocandola, sulla scia del beatlesiano “Sgt. Pepper” (al quale, in maniera non blasfema, viene associata) nell’aureo e breve filone della musica psichedelica, come testimoniato anche dalla copertina del disco, con l’immagine “deformata” degli interpreti. La trovata geniale del Giornale Radio (con tanto di annuncio dello speaker ufficiale dei notiziari Rai dell’epoca), inoltre, dà alla canzone un ulteriore tocco di originalità, mettendola definitivamente al riparo dall’usura del tempo. Il testo, apparentemente banale, parla di un tradimento. Ma, attenzione, siamo a fine ’66, ancora alla vigilia del Sessantotto e della rivoluzione sessuale: a quel tempo era inusuale (in Italia impensabile) che il testo di una “canzonetta” riguardasse lo scabrosità di un adulterio in piena regola. Il protagonista (lo stesso Mogol, come da lui ripetutamente ammesso) conosce (“poi d’improvviso lei sorrise”) una ragazza in un bar, la porta al ristorante, a ballare e poi, inevitabilmente..si risveglia la mattina dopo nel di lei letto, mentre la radio gli ricorda una data “ieri, 29 settembre”. E’ (anzi, era stato) nientemeno che il compleanno dell’amata tradita! Come avrà fatto a scordarsene? Ecco riemergere la non tanto remota ipotesi del “viaggio” sotto l’effetto di acidi (“ guardavo il mondo che, girava intorno a me, e tutta la città correva incontro a noi”). Forse c’è ancora il tempo di correre dalla moglie e chiederle perdono (o inventarle una scusa). Nella vita reale però Serenella (prima moglie di Mogol, nata proprio il 29 settembre) si stancò presto dei suoi continui tradimenti e lo lasciò. Pare che i produttori discografici non vollero che a cantare il brano fosse Lucio (non sopportavano la sua voce in falsetto) e che, sotto le pressioni di Maurizio Vandelli (che aveva intuito le rivoluzionarie potenzialità del brano) fu affidata all’Equipe 84, “ la band italiana più in linea con i tempi”, come li definì sir John Lennon. L’Equipe pubblicò il disco nel marzo 1967, e restò in testa alla hit parade per cinque settimane, primo grande successo di Lucio Battisti come autore, consacrandone il sodalizio artistico con il “vivace” Giulio Rapetti, in arte Mogol.

Immagine: Lucio Battisti e Maurizio Vandelli.

Citto Leotta.

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