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Beni Confiscati ad Acireale, com’è finita?

L’Agenzia per i beni confiscati alle mafie è la più grande azienda del paese.
Ogni giorno all’interno dell’Agenzia confluiscono immobili, aziende e decine di beni patrimoniali sottratti alla criminalità organizzata, che solo in parte vengono rimessi nell’economia legale tramite l’assegnazione ad associazioni di cittadini o enti pubblici che li gestiscono nell’interesse della collettività.
Migliaia di terreni, aziende beni mobili ed immobili che lo Stato fatica a gestire, vanificando spesso, l’azione della Magistratura che dopo lunghi procedimenti riesce ad intaccare gli immensi patrimoni illecitamente accumulati nel corso degli anni.
Spesso la gestione delle aziende si traduce in un rapido fallimento e nella conseguente perdita di credibilità e di posti di lavoro, le motivazioni sono complesse, in alcuni casi si tratta di vera e propria incapacità degli amministratori pubblici ed in qualche caso di veri e propri sistemi criminali di gestione dei beni confiscati, come emerso dalle inchieste del Tribunale di Palermo sul caso Saguto, in cui il criterio degli affidamenti era basato su gestione clientelare interno alla stessa Magistratura.
In altri casi la gestione delle aziende da parte di amministrazioni giudiziarie si scontra con dinamiche di libero mercato, ovvero se le aziende confiscate traevano il proprio fatturato dalla contiguità e dell’agevolazione di soggetti interni alle mafie, quando le aziende si trovano a confrontarsi nel mercato legale spesso falliscono o si ridimensionano in maniera considerevole.
Una società di trasporto i cui clienti erano obbligati a fornirsi presso di essa, dopo la confisca diventa una normale società di trasporto che deve concorrere nel mercato legale, pagare le tasse, cercarsi i clienti e sottoporsi a tutte le regole del settore con il risultato che spesso l’azienda è posta automaticamente fuori dal mercato.

La legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie compie ventitre anni. Dal 7 marzo del 1996 le esperienze di gestione di beni confiscati alle mafie si sono moltiplicate, pur restando criticità da risolvere. Una ricerca di Libera dal titolo “BeneItalia” ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati presenti nel nostro Paese: sono rappresentate da 720 soggetti diversi (come associazioni e cooperative sociali) impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, di varia natura e tipologia. 


Il Comune di Acireale nel 2017 ha approvato il regolamento per la gestione dei beni confiscati, con lo scopo di definire le procedure per la richiesta di assegnazione dei beni e la loro gestione diretta o in affidamento ad uso pubblico.


Con la delibera 41 del 25 ottobre 2017, la precedente Amministrazione aveva richiesto all’Agenzia l’assegnazione dei 4 beni patrimoniali confiscati alla mafia presenti nel territorio di Acireale.
Si tratta di immobili, appartamenti e magazzini situati nella frazione di S.Maria Ammalati che il Comune avrebbe dovuto poi riaffiorare a soggetti pubblici o privati per scopi collettivi , in uno di questi avrebbe dovuto trovare sede l’ente gestore della riserva della Timpa di Acireale, ma a tutt’oggi, non risulta completato l’iter di assegnazione e l’ente pubblico non ha sollecitato l’assegnazione dei beni.
Auspichiamo che l’attuale Amministrazione, sempre molto sensibile sui temi della legalità, completi l’iter di assegnazione al fine di dare un segnale importante per l’affermazione dell’antimafia dei fatti, ben diversa da quella dei convegni e degli annunci.
Fabio D’Agata

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