Nel 2007 la crisi scoppia in USA, con il boato della “bolla immobiliare” ovvero la grande truffa dei “subprime”. Nelle pance di tante banche americane e in quelle europee il debito derivante dalla grande bolla avvelenarono gli Istituti di Credito. Dagli USA al mondo compresa l’Europa e, poco dopo, l’Italia. Una crisi che si è trasformata rapidamente in una stretta creditizia e, quindi, seguita da una recessione senza precedenti.
La crisi fa paura non solo perché fa precipitare il potere di acquisto di interi ceti sociali (anche quelli che non hanno mai conosciuto la povertà) ma soprattutto perché trascina con se una crisi di valori, una crisi etica, una crisi d’umanità.
Le crisi producono, spesso, nazionalismi, vincoli identitari, lotta tra poveri, guerre civili combattute con crudeltà, con dolore, con disprezzo. La crisi finanziaria che diventa economica che diventa crisi di valori. Ed allora l’incubo di un’Europa dove trionfa il nazionalismo, il despotismo, il razzismo, il fascismo, diventa una realtà che fa capolino.
Davanti a questo disastro etico la politica economica è ancora sotto il segno dei “sacrifici” e dei proclami. Da una parte chiedono sofferenza e sacrificio dall’altro, di tanto in tanto come un mantra funebre, ci dicono che presto usciremo dal tunnel. Ma non è così. Le guerre di trincea e dei soldati sono stati sostituite dalle guerre economiche e l’Europa è l’anello debole. La stessa Europa che negli ultimi secoli è stata la guida della civiltà democratica, del welfare e della cultura umanistica oggi è spenta, è priva delle capacità filosofiche, politiche e culturali per gettare il seme di una nuova era.
Siamo in una zona grigia dove le capacità evolutive dell’Uomo sono in una fase di regressione, dove il pendolo del tempo muove la sua corsa a ritroso. Siamo in una crisi etica che ricorda l’Europa degli anni ’20, un luogo, cioè, che si preparava al martirio, al dolore, alla sofferenza immane.
Oggi i governi nazionali europei sono di fatto burattini nella mani della finanza e dei mercati, giocano a risiko sulla pelle delle persone, giocano in borsa con la nostra esistenze e non si accorgono che senza una risposta culturale non c’è superamento della crisi, senza una risposta al Pensiero Unico dominante non c’è soluzione, senza un riscatto della civiltà tutta non ci sarà mai la fine del tunnel.
E’ doloroso vedere come quei popoli che sono stati sempre aperti all’accoglienza, amanti della differenza, pacifici con “Lo straniero”, genuini verso l’alterità adesso sono dentro il ventre avvelenato dell’assenza etica, dentro un pericoloso vuoto culturale. Una crisi d’umanità.
E’ un dolore vero se pensiamo cosa stiamo costruendo, cosa stiamo lasciando in eredità ai nostri giovani figli, ma so anche che tutto questo sentimento di dolore facilmente sarà etichettato come “il buonismo” dove il termine buono assurge drammaticamente a significato di infimo.