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Ricostruzione post Terremoto di Santo Stefano – la Mappa

Senza troppo clamore e con pochissima copertura mediatica, l’ufficio Commissariale per la ricostruzione post sismica relativa al territorio del versante sud orientale dell’Etna, ha pubblicato lo scorso 20 Febbraio una nuova mappa .

La mappa che non sembra essere scientificamente approvata dall’INGV ma desunta da pubblicazione precedenti, presenta due zone una rossa ed una bianca ed è corredata da una breve nota esplicativa che riportiamo integralmente:

“Al fine di procedere in sicurezza con i lavori di riparazione e ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 26 dicembre 2018, è stata perimetrata la Zona di Attenzione (ZAFAC) delle faglie che si sono attivate nel corso del sisma e che hanno prodotto una deformazione permanente del suolo (Faglie di Fiandaca, Aci Catena e Aci Platani). La mappa, rappresentata in scala 1:10.000, è redatta in forma preliminare in conformità con le indicazioni contenute nelle Linee Guida per la gestione del territorio in aree interessate da faglie attive e capaci http://www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/Linee_Guida_Faglie_Attive_Capaci_2016.pdf

sulla base delle conoscenze geologico-strutturali ad oggi acquisite e che dovranno essere confermate da successivi studi geologico-strutturali ed indagini geofisiche di maggiore dettaglio. La base topografica utilizzata è quella prodotta dalla Regione Siciliana, Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, Carta Tecnica Regionale, parte delle Sezioni 625100, 625140 e 634020 (vedi riquadro di localizzazione dell’area).

Nella mappa è individuata una zona rossa interessata da fagliazione superficiale ed una zona bianca esterna a quella rossa. La zona rossa delimita, quindi, l’area interessata da fagliazione superficiale con deformazione permanente del suolo prodottasi nel corso del sisma sopra citato, fino ad una distanza minima di 200 metri da ogni linea di frattura riconducibile all’attività di un piano di faglia.

L’individuazione della zona rossa è basata su rilievi geologici e strutturali realizzati da ricercatori e tecnologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) afferenti al Gruppo EMERGEO e pubblicati da Civico et al., (2019) sulla rivista internazionale Journal of Maps, gratuitamente consultabile via internet. (https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/17445647.2019.1683476). La mappa riporta anche i dati sulla fratturazione del terreno acquisiti dalla scrivente Struttura Commissariale in collaborazione con il Genio Civile di Catania.

La zona rossa rappresenta l’area più esposta a deformazioni permanenti del suolo e con significativa amplificazione sismica locale, in caso di sisma prodotto dalla Faglia di Fiandaca e strutture tettoniche limitrofe. Per tale motivo, la zona rossa merita grande attenzione per qualsiasi attività di riparazione e ricostruzione post-sima, così come per ogni altra attività di pianificazione edilizia ed urbana. Molti tratti della zona rossa mostrano con chiarezza sia la posizione che la cinematica delle faglie che si sono mosse nel corso del sisma del 26 dicembre 2018. In alcuni tratti, però, tali evidenze sono meno marcate, per cui è necessario condurre appropriate indagini geologico-strutturali e geofisiche indirizzate verso una migliore conoscenza dell’esatta ubicazione dei piani di faglia e delle loro caratteristiche geometriche e cinematiche. La tipologia ed il numero minimo delle indagini geologico-strutturali e geofisiche da realizzare nella zona rossa saranno normate con successivo decreto commissariale.

La zona bianca rappresenta, come detto, un’area dove nel corso del sisma del 26 dicembre 2018 non sono state evidenziate deformazioni permanenti del suolo riconducibili a movimenti di un piano di faglia. Anche in questa zona, tuttavia, è necessario approfondire e dettagliare le analisi geologico-strutturali alla scala progettuale appropriata, sia per confermare l’assenza di fagliazione superficiale attiva o pregressa e l’assenza di cavità sotterranee superficiali di qualsiasi origine, sia per evidenziare il tipo di substrato geologico interessato dal progetto e l’eventuale presenza di zone con amplificazione sismica locale significativa. Inoltre, la zona bianca contiene al suo interno faglie attive (per es., Faglia di Aci Catena, Faglia di S. Venerina, etc.) conosciute e riportate negli strumenti di PRG dei Comuni interessati e negli studi di Microzonazione Sismica di primo livello MS1 già validati, di cui ogni progetto di riparazione o ricostruzione post-sima dovrà necessariamente tenere conto. La tipologia ed il numero minimo delle indagini geologico-strutturali e geofisiche da realizzare nella zona bianca saranno normate con successivo decreto commissariale.

Pertanto, le zone rosse e bianche indirizzeranno il tipo e numero minimo di indagini geologiche e geofisiche necessarie per realizzare in sicurezza ogni singolo progetto di riparazione o ricostruzione, che saranno normate in successivi decreti commissariali.

Mappa georeferenziata navigabile

Senza entrare in dettagli tecnici di più difficile comprensione, si può dire che la mappa in questione più che un lavoro scientifico basato su dati certi, sia una prima schematizzazione di massima delle aree su cui eseguire gli studi di dettaglio, studi non ancora iniziati.

Quello che però occorre puntualizzare è che essendo la mappa redatta in conformità con le linee guida per la gestione del suolo in area oggetto di fagliazione superficiale, non può che avere pesanti ripercussioni sulla futura revisione dei PRG e sulle azioni urbanistiche in essa comprese.

Infatti per le aree in zona rossa, secondo le linee guida, tutta l’attività urbanistica sia ricostruttiva che di nuova costruzione è vincolata a studi specifici in assenza dei quali esistono fortissime limitazioni per le nuove costruzioni e per la manutenzione ordinaria e straordinaria.

Avere applicato gli intervalli consigliati di 400 ml (200+200) dalla linea di fagliazione, senza avere però riportato la linea stessa, apre scenari imprevedibili dal punto di vista del contenzioso amministrativo e del vincolo di fatto dei terreni in essa contenuti.

L’impressione è che si stiano applicando criteri di gestione del suolo in area tettonica per la trattazione della ricostruzione post sismica in area vulcanica, un pò come restaurare una grande cattedrale romanica, massiccia ed imponente con le stesse tecniche che si applicherebbero per una esile struttura barocca piena di decori diffusi e superficiali.

Fabio D’Agata

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