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SPQA EP. VI La Crisi Dell’Impero

Le grandi Saturnalie indette da Quintino Trunzio per celebrare il I° anno della reggenza su Aquilia furono un grande successo, in ogni provincia dell’impero il tripudio della festa pagana più antica, organizzata da Orazio Flacco con fasti di giochi e grande afflusso di popolo, lasciò tracce indelebili negli annales trunzici, ma il Codex Admutsum da lui inventato per contabilizzare le spese considerando solo le entrate, aggravò irrimediabilmente le finanze imperiali, determinando nuovi tributi che il senato giudicò intollerabili.

Quintino, nonostante i tentativi maldestri di nascondere la situazione, modificò anche il calendario pre-Giuliano da cui sparì il mese di settembre in cui sarebbero stati resi noti i conti, dovette fronteggiare l’avversità del Senato che dopo il rientro di Antonio impegnato in Egitto in importanti faccende, gli divenne ostile.

Lo scoppio della 2° guerra trunzica a 40 anni di distanza dalla I° di Aleppo il cristiano, gettò l’impero nello scompiglio e Quintino fu costretto ad importanti riforme per mantenere il potere su Aquilia, si avvicinò nel frattempo alle antiche filosofie greche, attratto da quel Socrates di cui ammirava l’incipit : So di non sapere”, che lui modificò in : ” Io non so.”

Antonio mosse le sue truppe dal sud e valicando le alpi con un esercito Di Rè a cavallo delle Renne si apprestava a sferrare un attacco decisivo per le sorti di Quintino ed anche in Senato l’opposizione fedele ad Agostino I del Lazzareto, pose l’imperatore in gravi difficoltà, a nulla valse il rapimento di una senatrice particolarmente agguerrita contro Quintino che passo alla storia come “Il ratto della Sabrina”, restituita al civico consesso dopo l’intercessione del Barba-Gallo in persona.

Quintino provò ad attuare un grande piano di riforme, fece giustiziare tutto il gran consiglio delle Saturnalie sostituendo Orazio con un veterano della I° guerra trunzica di origini germaniche , e conosciuto come Cundar il saggio, a cui affido le sorti delle saturnalie.

Cundar il saggio, noto per la sua capacità di non porsi problemi, attuò le prime riforme della grande festa, su consiglio di Angelica di Fiandaca , i cui poteri magici su Aquilia sembravano affievolirsi, invocò l’antica di divinità di Giano detto il dio degli inizi, materiali e immateriali, una delle divinità più antiche e più importanti del culto stellare, solitamente raffigurato con due volti poiché è il dio che può guardare il futuro e il passato.

Cundar ispirato da Giano disegna due carri su un unica piattaforma trainata da carristi schiavi, i due carri posti uno opposto all’altro, venivano conteggiati per due e nelle parate facevano avanti e indietro sul percorso di Aquilia, permettendo di essere visti davanti e dietro ed il popolo pensando che fossero due ottenne il raddoppio dei carri con la stessa spesa.

Per risparmiare sugli spettacoli circensi, che tanto danno avevano arrecato ad Orazio, utilizzò un complesso sistema di specchi riflettenti risalente ad Archimede il siracusano, pose gli specchi nella sala del senato e con precisissime angolazioni riusci a proiettare lo spettacolo dei senatori in riunione, fin sulla piazza di Aquilia.

Fu  un successo senza precedenti, migliaia di genti accorsero da tutto l’impero per guardare lo spettacolo dei Senatori che si arringavano gli uni agli altri in un esilarante gioco di orazioni che durava una notte intera.

100 anni prima di Plauto e 2000 prima di Floris, nasceva la commedia, un genere che appassionò tutto l’impero, da Pozzillum alla terra dei Ciclopi e per questo Cundar il saggio ottenne una menzione d’onore negli annales come inventore della Fabula Trunzica.

Ma i guai per Quintino non finivano mai, dopo essersi inimicato il dio Vulcano che scosse la terra nel giorno di Santo Stefano, fu la volta del ciclope che riprese a lanciare sassi dalla rupe, gettando scompiglio tra le genti marinare.

Quintino recatosi sui luoghi ove il titano furioso aveva scagliato i massi, accortosi dei danni ivi arrecati si chiese chi dovesse rimuovere quelle pietre immense che occludevano la via per Aquilia, ma una voce dal popolo disse: Nessuno, Nessuno toglierà le pietre.

Il Ciclope udito quell’infido nome a lui noto, si toccò la fronte e smise di lanciare pietre rientrando nell’antro da cui usciva solo per pascolare le sue pecore alla Gazzena, pecore che grazie all’intercessione di Efesto dio del fuoco, trovavano ogni due anni erba fresca per ingrassare il ventre.

Le sorti della guerra non erano ancora decise, ma Quintino pur di restare sul trono era disposto a tutto, come vedremo nei prossimi episodi.

Fabio D’Agata

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