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Un dialogo con l’Islam è l’unica arma vincente: par ola di Francesco d’Assisi e di Erasmo da Rotterdam di Enzo Coniglio

sanfrancesco

In questi mesi concitati di conflitti tra l’Occidente e il mondo musulmano, mi sarei aspettato che almeno i cattolici mettessero in evidenza un fatto storico rilevante: il dialogo intrattenuto  da Francesco d’Assisi con il Sultano d’Egitto Malik al-Kamil nel 1219 alle porte del Cairo, in località Damietta.

Era un periodo di grande contrapposizione frontale, peggiore  di quello attuale e le autorità ecclesiastiche del tempo pensavano appunto che il problema si potesse risolvere soltanto con le armi dei “Crociati ” guidati dai sovrani sedicenti cristiani ma portatori di puri interessi economici e commerciali, Venezia in testa. 

Francesco si oppose strenuamente a questa visione e con quella forza che sprigionava in lui in qualità di leader naturale e di una attenta lettura del Vangelo e della storia, tentò di incontrare il Sultano per ben 3 volte, di intraprendere un dialogo e giungere ad una collaborazione. 

L’incontro di Damietta fu un grande successo. La conversazione con al-Kamil fu molto cordiale e si decise di continuare a vedersi e a trovare delle soluzioni. Ma poi non successe nulla. Perché non ci furono seguiti di pace? 

Ricordiamo un fatto emblematico che chiarisce ogni dubbio. Mentre Francesco ragionava in termini di dialogo, alcuni frati minori francescani appunto, si recavano a Marrakesh in Marocco per convertire quella popolazione, scagliandosi con violenza contro il Corano e il Profeta Maometto, seminando odio e fomentando la violenza di cui rimasero vittime: furono catturati e condannati a morte nello stile del tempo sia dei cattolici che dei maomettani.

Per la Chiesa ufficiale del tempo, Francesco è stato un velleitario e i frati minori dei “martiri”. Oggi il giudizio va invertito. Sapete come si è conclusa la battaglia tra Cristiani e Arabi-islamici: con il fallimento delle Crociate e la non comunicabilità tra i due mondi.

Dopo due secoli, un’altra voce libera del tempo, Erasmo da Rotterdam, osò affermare che se i Paesi  cristiani, invece di fare la guerra ai Paesi islamici – già riuniti nell’impero ottomano nato all’inizio del ‘300, facessero insieme delle opere di bene, sarebbero cessate tutte le violenze e le guerre. 

Per Erasmo, la guerra in se stessa e contro il mondo arabo-islamico in particolare,  è pura follia.  Ma si sa, Erasmo era folle come Francesco e noi che ancora oggi vogliamo la guerra frontale, ci riteniamo saggi! Poveri figli nostri! Erasmo ne parla in molte delle sue opere e non soltanto nel suo “Elogio della follia” e negli “Adagia” che meritano una attenta lettura. 

Rileggendo comunque la storia, notiamo una autentica schizofrenia  dovuta a secoli di scontri cruenti, fondata su una grande ignoranza reciproca e non meno grandi pregiudizi che insieme hanno fomentato la “paura dell’altro” e consequenzialmente la strenua difesa religiosa  e insieme, culturale e sociale di cui il Cristianesimo rappresenta  l’elemento fondante: una comune cultura e una comune religione per i Paesi europei contrapposti a quelli arabo-islamici. 

È questo il pensiero espresso all’inizio del Rinascimento dall’umanista Enea Silvio Piccolomini, divenuto Papa Pio II:  “Europaei, aut qui nomine christiano censentur”.

Oggi i tempi sono cambiati ma è rimasta la stessa ignoranza, supponenza ed espressione di interessi finanziari, economici e commerciali del tempo del dominio veneziano e delle crociate. Personalmente non ho il minimo dubbio nel ritornare a quell’ingenuo Francesco d’Assisi, il mercante di Cristo e a quel folle di Erasmo da Rotterdam che nell’opera Iulius exclusus a lui attribuita da Garin, immagina il dialogo tra San Pietro e il Papa Giulio II appena morto, nel momento in cui si presenta al cospetto di Pietro che così lo apostrofa: ” Ma come tu vai dietro ai soldi, vai dietro alle donne, non sei un papa, sei un bandito” a cui Giulio risponde: “Povero disgraziato, tu sei fuori del tempo. Ma ti credi di vivere ancora ai tempi di Gesù in cui la chiesa era povera, piccola e cercava di imporsi con la virtù e via discorrendo. Ma dovevi venire a qualcuno dei miei trionfi…”

 Non ricadiamo negli stessi errori: sia chiaro, il problema non  è religioso, è un problema di ignoranza, di cultura, è un problema fondamentalmente etico di chi utilizza la contrapposizione religiosa per i propri interessi e la guerra e il terrore come le armi  primarie nei due campi. 

C’è da chiedersi: ” Cosa è  cambiato?”.

(Enzo Coniglio)

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