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“Voliamo” da 57 anni

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Il 31 gennaio 1958 rappresenta, per la musica italiana, una tappa storica, quel giorno al festival di Sanremo, un attore pugliese di modesto successo, Domenico Modugno, presentò uno strano testo, si parlava di un uomo con la faccia e le mani dipinti di blu che volava felice nel cielo. vinse il primo premio della gara canora. Il pubblico era in delirio, alla fine dell’ultimo ritornello, la sala esplose e la gente si mise a gridare e a sventolare i fazzoletti.

Con “Nel blu dipinto di blu”, Modugno riscosse un clamoroso successo internazionale, (dove è più nota come “Volare”) mai eguagliato da nessun altro cantante italiano, nè prima nè dopo: rimase per 13 settimane al primo posto delle classifiche americane, in quel periodo, l’unica canzone che nel mondo aveva venduto più dei ventidue milioni di dischi della canzone di Modugno era “White Christmas” di Bing Crosby.

“Volare” diventò l’emblema stesso dell’Italia e del suo boom economico di quegli anni, le parole, opera del genio di Franco Migliacci rappresentavano un’esplosione di gioia sensuale e un viaggio al centro dell’esperienza amorosa.

Fu anche la prima volta che i critici parlavano della canzone come di un testo poetico, un esempio di ermetismo in canzone, proponendo un accostamento della musica leggera alla poesia, accennando ai nomi di roboanti poeti come Montale, Quasimodo e Ungaretti.

Modugno, sul palco del Festival di Sanremo, ruppe decisamente con la tradizione musicale italiana e introdusse non solo un nuovo modo di scrivere canzoni, ma anche un nuovo modo di interpretarle.

Il fatto che Modugno stesso interpretasse la propria canzone rappresentava una novità al Festival del 1958. La norma prevedeva infatti che i brani venissero interpretati non dall’autore, bensì da un cantante che in genere presentava addirittura più di una canzone. Però, nessuno dei cantanti di allora tradizionali fu disposto a interpretare l’opera di Modugno. L’organizzatore, quindi, impose all’autore di cantarla lui stesso. Modugno allora ricorse alla sua esperienza teatrale.

Non fu solo la canzone che trionfò, ma anche, attraverso la televisione, l’immagine dell’aspirante attore, con la voce di gola e i baffetti alla Clark Gable, rappresentante di un nuovo tipo di cantante. Infatti, per Modugno, venne coniato il termine “cantattore” da parte degli estimatori dell’artista pugliese.

L’affermazione di Modugno diede il “la” a tutte le successive scuole “cantautorali” italiane: da quella genovese di Paoli, Lauzi, Bindi, Tenco a quella milanese di Gaber e Jannacci, giù giù sino ai successivi cantautori degli anni ’70 e ’80.

#fancitymusica

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