Un computer quantistico (o quantico) che per eseguire le classiche operazioni sui dati utilizza i fenomeni tipici della meccanica quantistica (come la sovrapposizione degli effetti e l’entanglement).
La miniaturizzazione dei componenti dei computer, così per come procede da decenni, non durerà all’infinito, e in effetti si è fermata alle soglie del mondo microscopico, governato dalle leggi della meccanica quantistica. Con una felice intuizione dei teorici della computer science, la meccanica quantistica, da limite che era, è stata trasformata in un’opportunità grazie a cui realizzare una macchina per il calcolo automatico caratterizzata da una potenza di calcolo enormemente superiore a quella dei computer convenzionali: il computer quantistico.
Al posto dei convenzionali bit, le unità d’informazione binaria, indicate convenzionalmente dalle cifre 0 e 1, e codificate dai due stati “aperto” e “chiuso” di un interruttore, nel computer quantistico si usano i qubit, codificati dallo stato quantistico di una particella o di un atomo. Lo spin di una particella per esempio, ha due orientamenti o stati “su” e “giù” che possono codificare le informazioni binarie. A rendere interessante ai fini del calcolo le particelle atomiche e subatomiche è il fatto che possono esistere anche in una sovrapposizione di stati quantistici, ampliando enormemente le possibilità di codifica delle informazioni e quindi le possibilità di affrontare problemi estremamente complessi.
Esiste già qualche computer quantistico funzionante, ma c’è ancora parecchia strada da fare perché diventi una tecnologia di uso comune. Intanto recentemente un grande passo avanti è stato fatto per lo studio delle sue “porte logiche”.
Le porte logiche eseguono operazioni su dati di input e creano output simulando funzioni logiche. Nei computer classici le porte logiche assumono la forma di diodi o transistor, mentre nei computer quantistici le componenti sono composte da singoli atomi e particelle subatomiche. L’elaborazione delle informazioni avviene quando le particelle interagiscono tra loro secondo le leggi della fisica quantistica.
Le particelle di luce, ovvero i fotoni, presentano numerosi vantaggi nell’informatica quantistica, ma è notoriamente difficile controllare le loro interazioni. L’esperimento descritto nell’articolo dimostra come gestire tali interazioni.
«Abbiamo osservato l’effetto di una singola particella di luce su un fascio ottico», ha spiegato Aephraim Steinberg del Canadian Institute for Advanced Research, uno degli autori dello studio e ricercatore presso il Centre for Quantum Information & Quantum Computing dell’Università di Toronto. «Normalmente i fasci di luce si attraversano l’un l’altro senza subire nessun effetto. Per costruire nuove tecnologie come i computer quantistici, vogliamo che i fasci luminosi di parlino l’un l’altro. Questo non è mai stato fatto utilizzando un singolo fotone».
I ricercatori hanno innanzitutto sparato un singolo fotone su degli atomi di rubidio che avevano fatto raffreddare alla temperatura di un milionesimo di grado sopra lo zero assoluto. I fotoni si sono quindi “legati” agli atomi, alterando il modo in cui il rubidio ha interagito con un altro fascio ottico. Il fotone ha modificato l’indice di rifrazione degli atomi, che ha causato uno sfasamento del fascio, piccolo ma misurabile. Questo processo potrebbe essere utilizzato come una porta logica quantistica, consentendo l’ingresso, l’elaborazione e l’uscita delle informazioni.
Per approfondimenti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Computer_quantistico
http://www.nature.com/nphys/journal/vaop/ncurrent/full/nphys3433.html